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Il grande successo della letteratura irlandese nel mondo

letteratura irlandese
Scritto da Beatrice Maggi

Negli ultimi tempi la letteratura irlandese sta facendo parlare di sé, grazie soprattutto a fenomeni editoriali come Sally Rooney. Pare che ultimamente l’Irlanda stia sfornando autori di talento come se fosse una fabbrica di Guinness, ma andiamo con ordine. Chi l’avrebbe mai detto che una piccola isoletta con solo l’1% degli anglofoni del mondo potesse diventare un colosso letterario?

Nel Novecento, solo due scrittori irlandesi avevano portato a casa il prestigioso Booker Prize: Iris Murdoch nel 1978 con “The Sea, The Sea” e Roddy Doyle nel 1993 con “Paddy Clarke Ha Ha Ha”. Poi, però, l’Irlanda ha deciso di fare sul serio: negli ultimi 20 anni, ben 16 edizioni del premio hanno visto tra i finalisti almeno un irlandese e tre volte il premio è stato vinto da loro. Nel 2005, John Banville con “The Sea” ha soffiato la vittoria al compatriota Sebastian Barry (ma quanto mare c’è nei titoli irlandesi?). Nel 2007, Anne Enright ha conquistato il Booker con “The Gathering”, e nel 2018 è stata la volta di Anna Burns con “Milkman”, un romanzo tanto sperimentale quanto impegnato politicamente. Certo, ci sono anche gli eterni secondi: William Trevor, finalista cinque volte, e Colm Tóibín, tre. Insomma, la fucina di talenti irlandesi non si ferma mai, come ha detto il giornalista Max Liu: “L’Irlanda continua a produrre voci letterarie fresche e sofisticate a un ritmo incredibile”.

Nel 2018, Sebastian Barry è stato nominato “fiction laureate” dall’allora presidente irlandese Michael D. Higgins. Nel suo discorso, Barry ha parlato di una “epoca d’oro della prosa irlandese”, citando giovani autrici come Sally Rooney, che all’epoca aveva solo 26 anni, e veterani come Roddy Doyle, ormai sulla soglia dei 60. Barry ha detto: “Ci sono almeno 20 persone, se non di più, che al momento sarebbero altamente qualificate per questo compito. Non è stato sempre così. Quando ho iniziato io, negli anni Settanta, ce n’erano quattro o cinque”. Insomma, una volta si era in pochi, oggi l’Irlanda è un fiume in piena di talento.

Barry ha detto anche che scrivere in Irlanda è un po’ come una risposta all’incertezza della vita: ci spinge verso questa strana attività di scrivere. E che forza strana è questa letteratura irlandese! È come una scossa elettrica che fa venire piacere e gratitudine ai lettori, e allo stesso tempo li aiuta a trovare risposte. Barry ha descritto gli autori irlandesi come una banda eterogenea, uniti da una forza “bizzarra”. Ha suggerito che forse è colpa della pioggia incessante, che li spinge verso la scrittura. Secondo lui, la forza della letteratura irlandese è una risposta all’incertezza dilagante nel paese, capace di creare “uno shock” nei lettori che produce “piacere e gratitudine”, aiutandoli a trovare risposte e immedesimarsi.

Critici e scrittori concordano sul fatto che la forza della letteratura irlandese sta nella capacità di intrecciare le storie individuali con le difficoltà dell’intera nazione. Un esempio? “The Gathering” di Anne Enright, che usa la riunione di una famiglia dopo un suicidio per esplorare gli abusi sessuali nella Chiesa cattolica. Un libro che non le manda a dire.

Non è sempre stato così, però. Fintan O’Toole, nel 2001, scriveva che gli scrittori irlandesi dell’epoca non erano capaci di raccontare i tempi in cui vivevano. Da allora, gli scrittori irlandesi hanno capito che riflettere sugli elementi peggiori della società è il loro vero compito. Anche i romanzi finalisti del Booker di quest’anno non fanno eccezione. “Prophet Song” di Lynch ci catapulta in un’Irlanda distopica verso il totalitarismo, mentre “The Bee Sting” di Murray racconta con ironia la crisi economica del 2008 attraverso le vicende della famiglia Barnes.

E poi c’è chi dice che la crisi economica abbia dato una spinta creativa agli autori, come suggerisce Lisa McInerney: “Forse alcuni giovani scrittori hanno perso il lavoro e hanno pensato ‘fanculo, allora darò alla scrittura una vera possibilità’. Più l’Irlanda è infelice, meglio scrive”. Ma c’è di più. Scrivere romanzi in Irlanda è considerato un mestiere rispettabile, quasi sacro. Non c’è distinzione tra letteratura “alta” e commerciale, tra narrativa e saggistica. E la tradizione è recente ma potente, con giganti come Oscar Wilde, James Joyce e Samuel Beckett che ancora oggi siedono in statue per tutta Dublino.

E poi c’è il sostegno statale: una legge del 1969 esenta gli scrittori dal pagare le tasse sui loro guadagni. E dal 2022, il governo dà 325 euro a settimana a 2000 artisti per tre anni. Una manna dal cielo per chi fa lavori creativi. E le riviste? Sono fondamentali. McInerney, che nel 2016 ha vinto il Women’s Prize For Fiction, è diventata direttrice di The Stinging Fly, la rivista che per prima ha pubblicato Sally Rooney. Ah, Rooney, quella sì che è un caso da studiare. Due poesie pubblicate mentre era ancora al liceo, e boom, ora è una superstar della letteratura.

Insomma, l’Irlanda è una fucina di talenti dove scrivere romanzi è una questione di cultura. E non dimentichiamoci del supporto statale: gli scrittori sono esentati dalle imposte sul reddito e possono contare su fondi e assegni per le arti. Un bel colpo di fortuna, direi!

La letteratura irlandese è viva e vegeta, pronta a stupirvi con le sue storie bizzarre e potenti. Quindi, ecco qui il segreto della letteratura irlandese: un mix di talento innato, sostegno statale, e un pizzico di sfiga che non guasta mai. Non resta che continuare a leggere e a meravigliarci di questi irlandesi che, anche sotto la pioggia, riescono a far brillare la loro prosa.

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Beatrice Maggi