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Sanremo 2025: Promossi e Bocciati – Le Pagelle

Sanremo 2025 le pagelle di Radio Dublino
Scritto da Igor Scapinello

Si sta per concludere un’altra edizione del Festival di Sanremo, tra emozioni, polemiche e colpi di scena. Anche quest’anno il palco dell’Ariston ha regalato momenti indimenticabili, tra performance straordinarie e qualche scivolone. Noi di Radio Dublino eravamo lì per raccontarvelo e ora è il momento di dare i voti! Chi ha brillato? Chi ha deluso le aspettative? E chi si è guadagnato un posto nella storia del festival? Ecco le nostre pagelle e di Sanremo 2025.

Achille Lauro “Incoscienti giovani”

  • 7.5 – Provocatorio. Sempre capace di far discutere, mescola rock e teatralità con mestiere. Ci si dimentica spesso che Sanremo è principalmnente un programma televisivo più che una gara di cantanti. E lui è perfetto nel contesto.  (I.S.)
  • 5.5 – Ripulito. Cambio di “costume”, testimonial D&G e Damiani, ci risparmia i 4 sospiri buttati a caso nelle canzoni precedenti (che recupera nella serata cover), toglie un po’ di autotune ma, quando, fuori programma, prova a stonare a cappella “Ancora”, l’orchestra non lo segue e Conti lo guarda in cagnesco. “Forse” non solo per i tempi di scaletta. La ballata andrà in radio e social. (C.C.)

Bresh – “La tana del granchio”

  • 5.0 – Trito. Solita scrittura piatta e sonorità già sentite troppe volte. (I.S.)
  • 5.0 – Inagettivabile. Secondo l’oroscopo del Cancro, si sta entrando in un ciclo positivo. Grazie al favore degli astri, potrebbe avere qualche possibilità. Uno nella massa. (C.C.)

Brunori Sas – “L’albero delle noci”

  • 8.5 – Poetico. Un testo delicato e una melodia raffinata che emozionano senza forzature. Dimostra di essere uno dei migliori cantautori in circolazione. (I.S.)
  • 5.5 – Furbo.  10 per il coraggio di portare Rimmel a Sanremo, cambiando il testo e pensando che nessuno se ne accorgesse; 1 per essere andato a Sanremo senza portare un brano originale, pur avendone tutte le capacità. 5.5 di media. Grazie per aver ricordato Benvegnù, sarebbe stato bello facesse un pezzo suo. Tra i candidati al podio, sempre che De Gregori non reclami i diritti d’autore prima di lunedì. (C.C.)

Clara – “Febbre”

  • 5.5 – Fiacco. Bella voce, ma manca personalità nel brano, che scorre senza lasciare traccia. (I.S.)
  • 5.0 -Inagettivabile. Senza infamia e senza lode. Voce buona e/o discreta, su pezzi che tra qualche settimana non ricorderà nessuno, confezionati per essere remixati e trasmessi in radio in loop. (C.C.)

Coma_Cose – “Cuoricini”

  • 7.5 – Danzereccio. Ritornello che resta in testa, elettronica e cantautorato ben miscelati. I fans della prima ora rimarranno delusi della svolta pop dei Coma_Cose, ma questo brano lo sentiremo a lungo. (I.S.)
  • 7.5 – Radiofonici. Un po’ déjà-vu ma glielo si può perdonare. Mirano chiaramente alle radio e ci arriveranno. Su un testo sì scontato ma non banale.(C.C.)

Elodie – “Dimenticarsi alle 7”

  • 5.5 – Impalpabile. Produzione curata, ma il pezzo non decolla mai. Dove è finita la vera Elodie? Il brano sicuramente non le rende merito. (I.S.)
  • 5.0 – Inagettivabile. Senza infamia e senza lode. Voce buona e/o discreta, su pezzi che tra qualche settimana non ricorderà nessuno, confezionati per essere remixati e trasmessi in radio in loop. (C.C.)

Fedez – “Battito”

  • 6.5 – Furbo. Strizza l’occhio al pop da classifica con mestiere, ma senza reale innovazione. Al netto dell’incapacità vocale del cantante il brano non è male. (I.S.)
  • 4.0 – Distrattore. A pensare male si fa peccato, ma non si sbaglia. La tempistica di tutto il polverone gossip orchestrata magistralmente nelle settimane precedenti l’arrivo in riviera, puzza (non poco) di operazione di marketing. Gioca, più o meno facile, scegliendo un tema sociale a suo uso e consumo. Pur avendo perso i follower dell’ex moglie, resta tra i papabili top 5. (C.C.)

Francesca Michielin – “Fango in paradiso”

  • 5.5 – Esile. Un brano che punta all’intensità, ma resta poco incisivo. (I.S.)
  • 5.0 – Ignava. Testo banale, melodia già sentita, non ricordo dove ma forse Magnifico. (C.C.)

Francesco Gabbani – “Viva la vita”

  • 6.0 – Nazional-popolare. Simpatico e radiofonico, ma ormai troppo fedele alla formula sanremese. I tempi dei gorilla e dei testi simil-Battiato sono lontani. (I.S.)
  • 6.0 – Classico. Fa una canzone sanremese, più o meno nel suo stile. Ha fatto di meglio ma, in mezzo a tutto il carrozzone, è uno dei pochi che cantano (e suonano). (C.C.)

Gaia – “Chiamo io chiami tu”

  • 5.5 – Orecchiabile. Ritmi accattivanti, ma manca originalità nella struttura. (I.S.)
  • 5.0 – Inagettivabile. Senza infamia e senza lode. Voce buona e/o discreta, su pezzi che tra qualche settimana non ricorderà nessuno, confezionati per essere remixati e trasmessi in radio in loop. (C.C.)

Giorgia – “La cura per me”

  • 6.5 – Elegante. Voce sempre straordinaria, anche se il pezzo non è memorabile. (I.S.)
  • 7.0 –  Talentuosa. Talento (puro e sprecato). Quando ha chiesto l’autotune, le hanno riso in faccia, compreso l’autotune. Una delle migliori voci in Italia, peccato la canzone che non convince. Mi tocca citare Francesco Amoroso “Jovanotti, 30 anni di belle canzoni senza mai aver imparato a cantare. Giorgia, 30 anni di voce bellissima senza aver mai beccato una canzone buona”. Poi sceglie di cantare Skyfall, e gli altri 28, più o meno indistintamente, si mettono in fila e vanno a casa. Podio quasi certo, top 5 nella peggiore delle ipotesi. (C.C.)

Irama – “Lentamente”

  • 6.0 – Melodico. Buona costruzione melodica, ma risulta prevedibile. (I.S.)
  • 4.5 – Inagettivabile. Canta con l’autotune anche quando potrebbe farne a meno. A tratti ci vorrebbero i sottotitoli, ma c’è di peggio. La canzone è la più Blanchiana delle canzoni di Blanco a questo Sanremo (3 n.d.r.), con parole ripetute, effetto eco e parolaccia, buttata nel mezzo. Gli era riuscita meglio “Ovunque sarai”.  Resta una mina vagante per la top 5, grazie alla nutrita fandome.
    (C.C.)

Joan Thiele – “Eco”

  • 6.5 – Interessante. Sperimentazione sonora interessante, ma manca un guizzo. Le aspetttative erano molto maggiori. (I.S.)
  • 7.0 – Originale. In veste Frida Kalo, canta e suona più che dignitosamente su un pezzo non male, ma come outsider non tiene alla concorrenza con Lucio Corsi in questa edizione. (C.C.)

Lucio Corsi – “Volevo essere un duro”

  • 8.5 – Strumentale. Un mix irresistibile tra glam rock e cantautorato con arrangiamenti di gran classe. (I.S.)
  • 8.5 – Outsider. Evito di arrischiarmi in paragoni azzardati ma questo ragazzo è la vera sorpresa del festival. Originale, bravo, quasi un alieno in mezzo ai 29. Geniale il duetto con Topo Gigio, che quasi gli regala la vittoria nella serata delle cover. “Sono solo Lucio”, ce ne fossero, Lucio. In bocca al lupo per la finale. (C.C.)

Marcella Bella – “Pelle diamante”

  • 5.0 – Raccomandata. Brano senza mordente. Sembra che partecipi solo per un’operazione nostalgia a voler pensare bene, per vicinanze politiche a voler pensare male. (I.S.)
  • 5.0 – Riesumata. Operazione svecchiamento, non pienamente riuscita. Canzone che andrà in radio, nel tentativo di emulare il fatturato di “Ma non tutta la vita”. Non è la Bertè, ma manco da lontanissimo. (C.C.)

Massimo Ranieri – “Tra le mani un cuore”

  • 6.5 – Emotivo. Sempre grande interprete, ma il brano segue un percorso troppo sicuro. L’occhio rosso, frutto di un colpo di vento,  avrebbe meritato degli occhiali da sole. (I.S.)
  • 5.0 – Anacronistico. Non è manco colpa sua, per carità. La linea autoriale ha dettato il ritorno al passato. 3/4 dei concorrenti avoja a mangiare sale per arrivare ai suoi livelli ma, ahimè, fuori contesto. (C.C.)

Modà – “Non ti dimentico”

  • 4.5 – Sanremesi. Testo e melodia che sembrano provenire dal Festival di dieci anni fa. (I.S.)
  • 5.0 – Ripetitivi. Possono piacere o meno ma, a spezzare una lancia, Checco è l’unico che si è scritto la canzone da solo, musica e parole. E la canta con qualche costola rotta. Un po troppo simili a loro stessi. Déjà-vu. (C.C.)

Noemi – “Se t’innamori muori”

  • 6.0 – Grintosa. Energia e voce non mancano, ma il pezzo è solo discreto. Come capitato sempre più spesso ultimamente. Peccato. (I.S.)
  • 5.0 – Eccessiva. Con la voce che ha potrebbe fare molto di meglio. Invece no. Stira troppo il graffiato senza che sia necessario. Peccato. (C.C.)

Olly – “Balorda nostalgia”

  • 6.5 – Sperimentale. Tentativo di mescolare pop e elettronica, con risultati alterni. Olly ogni anno sembra che stia per fare il salto di qualità, ma rimane sempre al confine. Questàanno con il management giusto,  potrebbe essere l’occasione giusta. (I.S.)
  • 5.0 – Testosterone. In jeans e smanicato, ammicca al pubblico col six pack e una certa presenza scenica. Rotacismo ahimè camuffato male, la canzone non spicca ma avrà il suo seguito e il voto giovanile potrebbe facilmente portarlo in alto in classifica. (C.C.)

Rkomi – “Il ritmo delle cose”

  • 5.0 – Ritmato. Un accenno di groove c’è, ma manca totalmente un’idea forte che lo sostenga. (I.S.)
  • 2.0  – Inagettivabile. Non ce la faccio, perdonatemi, ma mi sanguinano le orecchie. Pietà. (C.C.)

Rocco Hunt – “Mille volte ancora”

  • 5.5 – Festoso. Ritmo latino e positività, ma la formula è sempre la stessa. (I.S.)
  • 5.0 – Napoletanità. Si gioca la carta del napoletano, senza convincere.

Rose Villain – “Fuorilegge”

  • 6.5 – Petrosa. Buon tentativo di portare un sound più internazionale. Vince la gara con Elodie. Estetica e musicale. (I.S.)
  • 4.0 – Ironica. Sarà ricordata più per l’epiteto urlatole dal signorile spettatore in sala la prima serata che per la performance. Riprovaci, Rose (senza fretta). (C.C.)

Sarah Toscano – “Amarcord”

  • 5.0 – Anziana. Nonostante i 19 anni sembra un pezzo d’altri tempi, ma senza la qualità per restare. (I.S.)
  • 4.0 – Acerba. La quota “Amici” del festival; pure lei come il trio E.C.G. (Elodie, Clara, Gaia di cui sopra) porta, a botte moderate di autotune, un motivo che spaccherà nelle discoteche stagione primavera/estate ’25. Si concentra sul Fantasanremo per “compensare”, daje. (C.C.)

Serena Brancale – “Anema e core”

  • 5.5 – Inutile. Brano che vorrebbe essere di rottura, ma troppo autoreferenziale per il contesto. (I.S.)
  • 5.0 – Napoletanità. Si gioca la carta del napoletano, senza convincere. La Brancale la balleremo a capodanno. (C.C.)

Shablo con Guè, Joshua e Tormento – “La mia parola”

  • 6.5 – Amarcord. Rap old school ben fatto, ma senza guizzi di modernità. Mezzo punto in più per aver portato Neffa a Sanremo. (I.S.)
  • 5.0 – Revival. Il primo concorrente che si presenta all’Ariston senza cantare una parola, delegando il task ai feat., che portano a casa l’incombenza rispolverando ritmi rap anni ’90. Dopo Geolier, dubito abbiano presa sugli under 25 e gli over 35, sono troppo cresciuti per canticchiare roba del genere. (C.C.)

Simone Cristicchi – “Quando sarai piccola”

  • 8.0 – Strappalacrime. Testo toccante e arrangiamento delicato, un ritorno emozionante. Che c’e’ di male a far commuovere? (I.S.)
  • 6.0 – Ruffiano. Cristicchi recita più che canta su un testo che fa leva su un argomento sensibile acchiappalacrime, con l’intento, fin troppo chiaro, di bissare “Ti regalerò una rosa”. Indubbiamente ben scritto, probabilmente più adatto ad altri contesti. Avrebbe potuto risparmiarsi la frecciata ad Amadeus, auto – boomerang. Si gioca, a mani basse, i premi di critica e sala stampa con De Gregori (vedi Brunori) e Lucio Corsi, di sicuro il podio, ma non credo la vittoria. O a Basilea si tagliano le vene. (C.C.)

The Kolors – “Tu con chi fai l’amore”

  • 7.0 – Energico. Energia anni ’80 ben dosata, senza grandi sorprese. Quello che ci aspettavamo da loro. Mezzo punto in meno per gli inguardabili ricciolini alla Michael Jackson di Stash. (I.S.)
  • 6.0 – Prevedibili. Fanno il loro mestiere, sfoderano un nuovo tormentone, non troppo originale (da Ibiza si spostano a Mykonos, parte il toto location per la prossima hit), ma tant’è. (C.C.)

Tony Effe – “Damme ‘na mano”

  • 4.0 – Scontato. Testo e produzione prevedibili nel voler essere imprevedibili. Senza sostanza. (I.S.)
  • 0.0 – Fuori posto. Un pesce fuor d’acqua, lo fanno ripulire per seguire la linea generale del festival ma manco lui capisce che ci fa esattamente. La quota “trasgressiva”, senza trasgressione. 7 per non aver mandato Conti a qual paese in eurovisione alla battuta sulla collana. 0 confermato perché, oltre a non cantare, non riesce a formulare una frase di senso compiuto (vedi conferenze stampa) e no, dubito sia l’”emozione”. (C.C.)

Willie Peyote – “Grazie ma no grazie”

  • 7.5 – Ironico. Scrittura tagliente e sound accattivante, preciso senza strafare. (I.S.)
  • 7.0  – Orecchiabile. Ma non solo. Sembra la canzonetta ma il testo non è stupido. L’unico con un (minimo) contenuto politico all’Ariston. Versione soft “approvata” dal governo. Non è Ghali né Dargen ma questo ci passa il convento e, tutto sommato, nell’ignavia generale, non è manco troppo male. (C.C.)

Carlo Conti

  • 7.5 – Puntuale. Carlo Conti si conferma, coime si dice in queste occasioni “un grande professionista” apace di gestire il palco con esperienza e misura. Gli ascolti record dimostrano il suo talento nel creare uno spettacolo equilibrato tra tradizione e modernità. Ha portato in gara artisti validi come Lucio Corsi e Brunori Sas, dando un piccolo spazio alla scena indie senza snaturare il Festival. Inevitabile la quota Talent Show e Trap; e anche per questo la kermesse è stata molto apprezzata dai giovani e giovanissimi. Ha rappresentato al meglio la musica che si ascolta in Italia, che purtroppo non è particolarmente ricca di qualità, ma non per colpa sua. Pretendere di trasformare Sanremo in un Club Tenco è velleitario. Inoltre, ha evitato gli eccessi di durata delle edizioni recenti, chiudendo le serate a orari più ragionevoli. Un Sanremo solido, ben condotto, ma senza troppi guizzi innovativi. (I.S.)
  • 5.0 – Democristiano – Ritorno all’ancien regime. Festival troppo ingessato e politically correct. Ritmi che definire serrati è un eufemismo, manco la marcia dei Balilla, sull’attenti sotto lo sguardo vigile dei Vannacci e Sangiuliani vari in prima fila. Accetta (e impone) la censura governativa, tiene a guinzaglio pure i co-conduttori che avrebbero potuto dare (più) vivacità e arguzia (vedi Frassica, la Cucciari e la Follesa), elimina i monologhi ma anche qualsiasi spiraglio di accenno a tematiche non approvate. Rischia un mezzo incidente diplomatico con la Santa Sede, gag forzatissime e per niente comiche,  zero imprevisti, zero polemiche. La noia. Mantiene alti gli ascolti, per grazie ricevuta, o per demeriti altrui. Ci tocca sorbircelo almeno per un’altra edizione.

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Igor Scapinello