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I morti delle “Mother and Baby Homes” irlandesi

Mother and Baby Homes
Scritto da Maurizio Pittau

Dal 1922 fino al 1998, Dublino ha marginalizzato 56 mila madri single e 57 mila figli nati fuori dal matrimonio, costringendole a partorire in istituti religiosi. Oltre 9 mila bambini e neonati sarebbero morti in questo periodo, a causa di incuria, malattia e malnutrizione. Questi dati emergono dalla pubblicazione del quinto rapporto della “Mother and Baby Homes Commission of investigation”.

Il bisogno di chiedere e ottenere giustizia, nonché di fare luce sulla verità, era esploso nel 2017, quando a Tuam, nella contea di Galway, era stata scoperta una fossa comune nei pressi di quella che, decenni prima, era una casa per ragazze madri. Soffocati dalla terra, sono stati rinvenuti i resti di circa 800 bambini, transitati da una delle Mother and Baby Home sparse in tutta Irlanda e gestite soprattutto da suore. Lì venivano ospitate le donne che avevano avuto figli al di fuori del matrimonio, i loro bambini e anche molti orfani, con lo scopo di tenerli lontani dalla società. La storia di Tuam, aperta nel 1925 e chiusa nel 1961, è molto simile a quella di altre strutture presenti nel Paese dove in quegli anni 35 mila madri single furono costrette a partorire e a lasciare lì i loro figli. Le condizioni erano talmente difficili che, secondo il rapporto, tra il 1925 e il 1961 a Tuam sarebbe morto in media un bambino ogni due settimane. In queste case erano ospitate anche ragazze madri e donne incinte, costrette a partorire in gran segreto e spesso trattate con modi ai limiti del legale.

E ora l’intreccio di abusi e violenze subite in queste strutture dal 1922 al 1998 – anno in cui venne chiusa l’ultima – viene alla luce in un rapporto di 3mila pagine che è la dichiarazione d’accusa finale sui maltrattamenti storici compiuti in un Paese che vuole fare ‘mea culpa’ per un passato tornato di recente alla luce, in tutto il suo orrore. Che ha portato alla morte di migliaia di bambini perché sottoposti a terribili condizioni di vita. Un dossier che è il frutto delle ultime investigazioni affidate a una commissione indipendente: 5 anni di ricerche fra racconti e testimonianze da cui sono emerse esperienze ai limiti dell’orrore. Il 13 gennaio è stato presentato al Parlamento di Dublino dal premier Michéal Martin, accompagnato da un atto ufficiale di scuse da parte dello Stato, che quegli istituti sovvenzionò a lungo.

“A nome del Governo, dello Stato e dei suoi cittadini, chiedo scusa per il profondo torto generazionale inflitto alle madri irlandesi e ai loro figli che sono finiti in una Mother and Baby Home o in una County Home”. Questa dichiarazione rappresenta un momento importante nella storia recente del Paese, vista la pubblicazione del quinto rapporto della “Mother and Baby Homes Commission of investigation”. Duemilaottocentosessantacinque pagine che hanno letteralmente sconvolto l’Irlanda.

Chi viveva nelle Mother and Baby Homes soffriva di malnutrizione, malattie e miseria, con altissimi livelli di mortalità. Molti dei piccoli non riuscivano a sopravvivere a quegli stenti e una volta morti i loro corpi venivano disposti in modo piuttosto sbrigativo all’interno di fosse comuni, tra l’altro senza alcuna indicazione delle loro identità. Ma le colpe di questo sistema, che ha funzionato per oltre 70 anni, non ricadono solo su preti e suore bensì sull’intera società irlandese che in passato rifiutava i bambini nati al di fuori del matrimonio.

Alle scuse del primo ministro hanno fatto seguito anche quelle del primate cattolico irlandese Eamon Martin, che ha dichiarato: “Sono d’accordo sul fatto che la Chiesa fosse chiaramente parte di quella cultura in cui le persone venivano spesso stigmatizzate, giudicate e rifiutate. Per questo, e per il dolore di lunga durata e il disagio emotivo che ne è derivato, mi scuso senza riserve”.

Il caso sta avendo un enorme eco in Irlanda, arrivando a superare persino le notizie sull’emergenza sanitaria ancora in corso, con pareri discordanti.  Lo dimostra la storia della mamma di Fionn Davenport, nato in una di queste strutture, raccontata a Euronews. “Subito dopo la mia nascita, la mamma ha cambiato idea e ha detto di voler tenere il bambino, ma le suore hanno detto “no, non ti è permesso, hai firmato i documenti, hai firmato i moduli, quindi hai rinunciato a tutti i tuoi diritti su questo bambino”. Un’autentica menzogna, visto che la legge sulle adozioni del 1952 dava 6 mesi di tempo alle ragazze madri per riprendersi il bambino. Un sistema che mancava di amore e misericordia, come dimostra la storia di Mary, nata in una struttura di Dublino: “Mia mamma aveva fatto a maglia i miei vestitini e, dopo che mi avevano consegnato alla mia madre adottiva, le suore hanno riportato i vestiti che mia mamma aveva fatto per me, glieli hanno gettati in faccia dicendo: “A Mary non serviranno più, ora ha dei vestiti veri!” E questo ha spezzato il cuore di mia mamma”.

Un sistema gestito da suore e religiosi in cui lo Stato irlandese ha svolto il ruolo di grande assente, mandando di rado qualche ispezione ma difatti facendo finta di nulla. Eppure, le notizie non mancavano: i primi report giunti al Parlamento di Dublino risalgono al 1933 ma allora era troppo comodo far finta di niente e buttare la polvere sotto il tappeto. Cosa che secondo i superstiti di queste strutture farebbe ancora adesso perché, nonostante le scuse del taoiseach, lo Stato irlandese non permette ai suoi cittadini di conoscere la verità sulle loro origini, su chi siano davvero i loro genitori, i loro figli, i loro fratelli e sorelle.

In Parlamento le opposizioni hanno chiesto al premier di dare alle vittime di tali abusi accesso alle proprie informazioni, cosa finora sempre negata. Un altro punto dolente è rappresentato dalla mancanza di prove di abusi o di costrizioni su queste ragazze madri, come sottolinea il rapporto. Coloro che hanno vissuto l’esperienza delle Mother and Baby Homes raccontano tutt’altro: donne portate lì contro la loro volontà, ragazze incinte schiaffeggiate per non aver lavorato abbastanza duramente, bambini picchiati fino a sanguinare e a restare incoscienti.

Per questo per molti la dichiarazione del taoiseach, che ha dato la colpa alla società irlandese del periodo, è sembrata fuorviante visto che rendere tutti responsabili difatti non rende nessuno davvero responsabile di quello che è successo. Una brutta pagina nella storia di Irlanda.

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Maurizio Pittau