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L’influenza delle politiche di Trump sulle multinazionali americane in Irlanda

Multinational in Ireland
Scritto da Igor Scapinello

L’Irlanda ha costruito il suo “miracolo economico” attirando multinazionali americane attraverso una politica fiscale vantaggiosa, con un’aliquota dell’imposta sulle società al 12,5%. Questa strategia ha portato a un notevole aumento delle entrate fiscali, con l’imposta sulle società che ha raggiunto quasi 24 miliardi di euro nel 2023, rispetto ai 4,3 miliardi di euro del 2013.  Tuttavia, l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti ha introdotto incertezze per l’economia irlandese. Trump ha espresso l’intenzione di rimpatriare i profitti delle multinazionali americane, minacciando la base imponibile dell’Irlanda.

Howard Lutnick, nominato da Trump a capo del Dipartimento del Commercio, ha criticato il surplus commerciale dell’Irlanda con gli Stati Uniti, definendolo “assurdo“. Donald Trump come Presidente degli Stati Uniti rappresenta un significativo ostaccolo per le multinazionali americane che vogliono investire n Irlanda. La sua promessa di trasformare gli Stati Uniti in una “nazione manifatturiera” riflette la sua opposizione alla produzione di beni all’estero da parte delle aziende americane, destinati poi all’esportazione e alla vendita negli USA.

Politiche protezionistiche e impatto sull’Irlanda

Trump ha annunciato l’intenzione di imporre “tasse e dazi” sul commercio con paesi stranieri e ha promesso di creare un’agenzia fiscale esterna per raccogliere tali imposte. Anche se i dettagli completi delle nuove misure non sono ancora stati resi noti, l’idea stessa di politiche protezionistiche sta già disincentivando le multinazionali americane dall’espandersi al di fuori degli Stati Uniti.

Per l’Irlanda, paese che da anni compete per attrarre investimenti esteri grazie a un sistema fiscale favorevole e a politiche pro-business, l’approccio di Trump rappresenta una minaccia concreta. Ad esempio, l’Irlanda esporta beni per un valore di 54 miliardi di euro all’anno negli Stati Uniti solo nel settore farmaceutico, un’industria chiave per la sua economia. Se Trump dovesse estendere i dazi ai prodotti farmaceutici europei, il danno per l’Irlanda sarebbe significativo. Questo scenario evidenzia la vulnerabilità dell’economia irlandese, dato che dieci multinazionali rappresentano il 60% delle entrate fiscali sulle società.

Le politiche di Trump mirano a incentivare il rimpatrio della produzione e dei profitti negli Stati Uniti, mettendo a rischio il modello economico irlandese basato su basse imposte societarie. L’Irlanda potrebbe affrontare significativi deficit di bilancio se queste multinazionali decidessero di ritirarsi .

Le esportazioni Irlandesi negli Stati Uniti

Le esportazioni di beni dall’Irlanda agli Stati Uniti sono aumentate del 34%, raggiungendo 72,6 miliardi di euro nel 2025, mentre le importazioni dagli USA sono leggermente diminuite a 22,5 miliardi di euro. Ciò ha portato a un surplus commerciale di oltre 50 miliardi di euro a favore dell’Irlanda, secondo i dati dell’Ufficio Centrale di Statistica irlandese (CSO).

Il principale motore del surplus commerciale irlandese con gli Stati Uniti è il settore farmaceutico. Molte grandi aziende farmaceutiche statunitensi operano in Irlanda e esportano la maggior parte della loro produzione negli USA. Nel 2024, le esportazioni di prodotti farmaceutici e medici dall’Irlanda sono aumentate di 22,4 miliardi di euro (+29%), raggiungendo quasi 100 miliardi di euro. Questi prodotti rappresentano il 45% del totale delle esportazioni irlandesi. Un esempio  significativo, oltre a quello di Pfizer e di altre compagnie farmaceutiche, è il farmaco per la perdita di peso “Zepbound” dell’azienda farmaceutica statunitense Eli Lilly, che viene prodotto in uno stabilimento situato nella contea di Cork. La crescente domanda di questo farmaco negli Stati Uniti potrebbe essere uno dei fattori dietro l’aumento delle esportazioni irlandesi nel 2024.

Il ricercatore Brad Setser, del Council on Foreign Relations, ha studiato a lungo l’attività delle multinazionali farmaceutiche e, nel 2023, ha riferito alla commissione finanziaria del Congresso USA che il volume delle importazioni farmaceutiche dagli USA da Irlanda, Belgio, Svizzera e Singapore è riconducibile più a strategie di ottimizzazione fiscale che a reali necessità di mercato. In altre parole, secondo Setser, le grandi multinazionali farmaceutiche sfruttano la presenza in Irlanda per ridurre il carico fiscale sui profitti generati negli USA, aumentando artificialmente le esportazioni tra i due paesi. Questo aspetto potrebbe attirare l’attenzione della nuova amministrazione Trump, soprattutto nell’ambito delle sue politiche protezionistiche e della sua retorica contro le strategie di “profit shifting” adottate dalle multinazionali.

Non solo tassazione: il caso Doughmore Beach

In un recente intervento virtuale al World Economic Forum, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha criticato l’eccessiva regolamentazione europea, facendo riferimento a un progetto di investimento in Irlanda che ha subito ritardi significativi. Trump ha dichiarato che l’approvazione da parte dell’Unione Europea avrebbe richiesto dai cinque ai sei anni, costringendolo così ad abbandonare il piano. Tra gli investimenti di Trump in Irlanda figura il golf resort di Doonbeg, nella contea di Clare. Recentemente, il consiglio della contea ha approvato una serie di lavori di miglioramento presentati nel febbraio 2024. Tuttavia, non tutti i progetti legati alla struttura hanno avuto successo. Nel 2016, infatti, una proposta per la costruzione di un muro marino da 200.000 tonnellate lungo la costa vicina al golf club fu ritirata a causa delle opposizioni.

Il progetto prevedeva la costruzione di una barriera calcarea per contrastare l’erosione delle dune lungo Doughmore Beach, aggravata da violente tempeste. Tuttavia, la proposta incontrò la resistenza di ambientalisti, surfisti e residenti locali, preoccupati per il possibile impatto sulla lumaca Narrow-mouth Whorl, specie a rischio, e sulle dinamiche delle onde, che avrebbero potuto rendere le alte maree più pericolose. Sebbene Trump abbia espresso scetticismo sul cambiamento climatico di origine antropica, utilizzò l’innalzamento del livello del mare come giustificazione per il progetto. Alla fine, la proposta fu abbandonata dopo che il consiglio della contea di Clare richiese ulteriori informazioni, mai fornite.

Trump aveva inizialmente investito 15 milioni di dollari nel Doonbeg Golf Resort e aveva promesso un ulteriore investimento di 45 milioni per il suo sviluppo. Nonostante i suoi piani di espansione proseguano, le sue critiche alla burocrazia europea evidenziano le difficoltà incontrate dalle aziende statunitensi nel navigare le regolamentazioni internazionali, un tema cruciale per le multinazionali americane che operano in Irlanda.

Multinazionali e impatto sulle finanze pubbliche in Irlanda e Italia

Le multinazionali americane giocano un ruolo cruciale nelle finanze pubbliche irlandesi. Nel 2023, solo tre aziende hanno contribuito con 10 miliardi di euro ai 23 miliardi di euro raccolti in tasse sulle società. Senza queste cosiddette “windfall taxes”, l’Irlanda si troverebbe in deficit anziché in surplus. L’Italia, invece, basa la propria economia su una maggiore diversificazione industriale e su un tessuto di piccole e medie imprese. Anche se ciò rende il nostro Paese meno vulnerabile a un’eventuale ritirata delle multinazionali, limita però le opportunità di attrarre grandi investitori stranieri.

Anche l’Italia, sebbene meno dipendente dalle multinazionali americane rispetto all’Irlanda, affronta sfide simili nell’attrarre e mantenere gli investimenti esteri. La tassazione italiana sulle imprese è storicamente più alta rispetto a quella irlandese, rendendo il nostro Paese meno competitivo per le aziende globali. L’Irlanda, al contrario, ha costruito gran parte della sua attrattività sul basso tasso di imposta sulle società, pari al 15%, lo stesso livello che Trump ha minacciato di reintrodurre negli Stati Uniti (contro l’attuale 21%). Se ciò accadesse, l’Irlanda perderebbe uno dei suoi principali vantaggi competitivi, mentre l’Italia, con aliquote superiori al 20%, risulterebbe ancora meno appetibile.

Dazi e relazioni commerciali: cosa aspettarsi?

Trump ha già imposto dazi su alcuni prodotti europei durante la sua precedente presidenza, colpendo anche esportazioni irlandesi come burro, formaggi e liquori. Sebbene questi dazi siano stati successivamente sospesi, il rischio di una loro reintroduzione rimane concreto, soprattutto per prodotti farmaceutici e tecnologici, settori fondamentali per l’Irlanda. Per l’Italia, il rischio riguarda principalmente settori come l’agroalimentare e il lusso, settori trainanti delle esportazioni italiane verso gli Stati Uniti. Qualsiasi politica protezionistica americana rappresenterebbe un duro colpo per marchi iconici italiani, da formaggi come il Parmigiano Reggiano ai vini e ai beni di lusso.

Le politiche di Donald Trump, riassunte nel motto Make America Great Again, sembrano puntare a una ristrutturazione delle relazioni commerciali globali, con implicazioni significative per Paesi come Irlanda e Italia. Mentre l’Irlanda rischia di vedere minata la sua strategia basata su tasse ridotte e attrattività per le multinazionali, l’Italia deve affrontare la sfida di mantenere competitivo il proprio export in un contesto di crescente protezionismo. La lezione per entrambi i Paesi è chiara: la dipendenza dalle esportazioni e dagli investimenti esteri deve essere bilanciata da politiche economiche interne che favoriscano la crescita sostenibile e l’innovazione, indipendentemente dalle fluttuazioni politiche globali.

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Igor Scapinello