Negli ultimi anni, l’Irlanda ha visto un notevole cambiamento nel mercato immobiliare, passando da uno dei tassi più alti al mondo di proprietà abitativa a una grave crisi abitativa. La percentuale di proprietari di casa è diminuita, mentre sfratti e senzatetto sono aumentati. La domanda crescente di affitti ha spinto i canoni a livelli insostenibili, ponendo la questione al centro del dibattito politico e delle manifestazioni pubbliche.
Dublino, in particolare, è diventata una delle dieci città più costose al mondo per gli affitti, superando città come Tokyo, Sydney e Singapore. Nel maggio scorso, Deutsche Bank ha riportato che l’affitto medio per un bilocale a Dublino è di circa 1.800 euro al mese, un aumento del 23% rispetto al 2014. Le previsioni indicano un ulteriore aumento del 17% nei prossimi tre anni.
Dal 1994, l’Irlanda ha vissuto un’espansione economica dovuta a basse imposte per le imprese e bassi tassi d’interesse della Banca Centrale Europea. Questa crescita ha portato a una bolla immobiliare, caratterizzata da incentivi governativi e poca regolamentazione. Tuttavia, con la crisi finanziaria del 2008, la bolla è scoppiata. Le banche irlandesi, fortemente indebitate sui mercati esteri, hanno visto crollare i prezzi delle case e il settore immobiliare è imploso, trascinando il paese in recessione.
La soluzione del governo irlandese fu garantire completamente i debiti di sei banche, trasformando il debito bancario in debito pubblico. Questo portò il debito pubblico dal 25% del PIL pre-crisi al 108% nel 2012. Di conseguenza, l’Irlanda chiese aiuto all’Unione Europea e al Fondo Monetario Internazionale, ottenendo un prestito di quasi 70 miliardi di euro e adottando misure di austerità.
Nel dicembre 2013, l’Irlanda è uscita dal piano di aiuti, ma il mercato immobiliare era cambiato: la percentuale di famiglie proprietarie è scesa da oltre l’80% a meno del 70%, mentre le famiglie che affittano case sono raddoppiate al 20%. La domanda abitativa è aumentata, attirando speculazioni internazionali, ma lasciando famiglie a basso reddito, studenti e immigrati in difficoltà. Queste categorie, non potendo permettersi di acquistare case, sono diventate affittuari “ostaggi” dei prezzi elevati.
Le grandi società immobiliari tendono a mantenere bassa l’offerta per far salire i prezzi, destinando molti alloggi a soggiorni brevi o student hotel. Ciò ha portato molte famiglie a vivere in stanze d’albergo mentre gli appartamenti sono occupati da turisti. Inoltre, i contratti di locazione brevi rendono precaria la situazione degli affittuari. Attualmente, affittare è molto più costoso che pagare un mutuo, il cui accesso è però difficile. Ad esempio, il pagamento mensile di un mutuo per una casa con due camere da letto a Cork è di circa 620 euro, mentre l’affitto è di quasi 1.150 euro.
Nonostante la domanda elevata, le nuove costruzioni sono insufficienti e gli investimenti nell’edilizia pubblica sono carenti: 70.000 famiglie sono in lista di attesa per una casa popolare, mentre il governo stima la necessità di 30.000-35.000 nuove unità abitative all’anno, ma nel 2019 ne sono state completate solo 21.000.
I rischi sociali e politici sono elevati: i senzatetto in Irlanda sono quasi quadruplicati negli ultimi cinque anni. A maggio, 10.253 persone erano senza casa, tra cui 1.700 famiglie con 3.749 bambini. La situazione ha causato proteste e manifestazioni, con gruppi di inquilini e attivisti che organizzano occupazioni e picchetti per il diritto alla casa.
In contrasto, in Italia la situazione abitativa è diversa. Sebbene anche l’Italia affronti sfide nel settore immobiliare, la percentuale di famiglie proprietarie di casa è tra le più alte d’Europa, superando il 70%. Gli affitti, sebbene elevati nelle grandi città, non hanno raggiunto i livelli estremi visti in Irlanda. Inoltre, la regolamentazione del mercato immobiliare e le politiche di sostegno alle famiglie sono più sviluppate, riducendo in parte l’impatto della crisi abitativa rispetto all’Irlanda.